L'isola felice o l'Orologio Molecolare

Prima di proseguire il discorso generale sui Metodi Matematici, non mi sembra fuori luogo rallentare e distrarci per presentare un attore protagonista del dramma: l'Orologio Molecolare. Per far questo, lettore, ti invito a immaginare un'isola ipotetica, lussureggiante, sperduta nell'Oceano Pacifico e separata per secoli dal resto del mondo.

L'isola

Di quest'isola non ci importa il clima, che supponiamo idilliaco giusto per metterlo rapidamente fra le variabili che non considereremo più. Immaginiamo semplicemente che sia popolata, che non abbia contatti con il resto del mondo (o almeno con nessun'altra popolazione umana) e che sia autosufficiente. La popolazione che giunge su quest'isola in un determinato momento storico (giacché immaginarcela nata lì per generazione spontanea o seminata da qualsiasi tipo di entità aliena o soprannaturale sarebbe inutile pigrizia), questa popolazione, dicevo, quando arriva sulla nostra isola paradisiaca parla una determinata lingua.

Quello che ora ci chiediamo è: che cosa ne sarà di questa lingua, parlata da una popolazione isolata dal resto del mondo, dopo cento anni? E dopo mille?

Dalla Linguistica sappiamo che il principale motore di evoluzione di una lingua consiste in una migrazione umana che modifichi sostanzialmente la comunità linguistica, introducendovi una quota rilevante di parlanti di un'altra lingua. All'altro estremo sappiamo che l'isolamento (se mi si passa il gioco di parole) tende a mantenere molto più inalterata la lingua stessa, come mostrano le varie enclave linguistiche di piccole comunità che parlano lingue "antiche", circondate da comunità che parlano lingue differenti. Ad esempio: nelle aree Calabresi e Pugliesi in cui si parla il Grecanico, non si parla, appunto, il greco moderno, ma una sua variante che è rimasta molto più fedele alla versione parlata dalla popolazione di lingua greca al momento del suo insediamento, secoli e secoli fa'.

Io stesso, ammesso che abbia un valore questa informazione personale, parlo un dialetto mantovano piuttosto incongruo, che non coincide interamente con il mantovano attuale ma piuttosto con quello circa degli anni 50 del Novecento, quando i miei genitori l'hanno imparato. Quando l'ho successivamente esercitato, esclusivamente in famiglia essendo noi emigrati a Milano, questa specifica versione "familiare" non si è più evoluta e, negli ultimi anni, all'orecchio di chi era rimasto al paesino, comincia a suonare alquanto strana. "Parli una lingua molto bella; la pronunci molto bene", mi ha detto una mia parente. Ma la parola che non le era venuto di dire era forse: "artificiale". Perché ormai il mio personale mantovano è rimasto indietro nel suo isolamento dall'evoluzione naturale della lingua.

Tornando all'ipotesi dell'isola, il fatto che quest'isola non abbia contatti con il resto del mondo, ci può portare a dire che questa lingua non si evolva più nel corso degli anni? Qui occorre approfondire il discorso, per quanto ipotetico esso rimanga. Sicuramente non ci immagineremo che ci sia, all'interno della comunità di parlanti di quest'isola, una evoluzione sostanziale della lingua, ad esempio quella che può aver portato dal latino (probabilmente: non il latino classico ma la sua variante parlata) fino all'italiano standard, per effetto di tutte le migrazioni e le vicissitudini occorse in mille anni. Ma la nostra lingua isolata si manterrebbe, al contrario, del tutto inalterata? Senza introdurre concetti troppo pertinenti alla disciplina linguistica in sé, potremmo considerare, in modo molto impreciso ma adeguato alla nostra esigenza, le variazioni rispetto ai parametri seguenti:

  • rispetto alla morfologia - ad esempio: nel latino classico esistevano tre generi, mentre in italiano ne sono sopravvissuti due, maschile e femminile, (con sparuti residui di neutro nei pronomi)
  • rispetto alla tipologia - ad esempio: il latino classico è costruito come SOV (Soggetto - Oggetto - Verbo) mentre l'italiano è una lingua SVO (Soggetto - Verbo - Oggetto). Sono entrambe nominativo-accusative.
  • rispetto al vocabolario - per effetto di un gran numero di cause, il vocabolario italiano ha come base quello latino ma con molti altri apporti linguistici dalle lingue germaniche, greca, araba, ecc.

In una condizione di totale isolamento, che cosa dovremmo aspettarci che sarebbe successo del latino? Avremmo oggi le stesse parole per indicare gli stessi oggetti? E costruiremmo le frasi con la stessa prosodia, organizzando i concetti attorno alle stesse regole morfologiche?

Un aspetto sopra gli altri appare utile, in questa ipotesi del tutto astratta, considerare: posto che rimangano identiche morfologia e tipologia, potrebbe mai darsi che cambino solo le parole? Oppure ancora, all'interno delle parole, magari una sola sillaba, o una sola vocale?

Torniamo a noi

Ma che cosa c'entra questo con la filogenetica? L'ipotesi dell'Orologio Molecolare afferma proprio che, col passare delle generazioni, i geni non codificanti, quindi con apporto nullo rispetto alla fitness dell'individuo nell'ambiente, subiscono modifiche nel corso del tempo.

Sulla nostra isola, la parola per chiamare il mare potrebbe variare dopo secoli in un'altra parola (più lunga?, più corta?, con un dittongo al posto di una vocale?, con un'assimilazione totale regressiva?); eppure continuerebbe a rappresentare identicamente il mare, senza nessuna variazione di significato. E quindi senza nessuna maggiore o minore utilità nell'indicarlo (e qui possiamo immaginare che l'aderenza semantica possa persino essere un indice della fitness della parola!)

A che cosa serve il paragone? Serve, retrospettivamente, a poter in qualche modo rappresentare il fenomeno che avviene nei geni. E che avviene spinto soltanto dalla casualità (quindi al contrario dell'evoluzione, che è mossa da un motore ben preciso ed efficace, qual è la Selezione Naturale).

Vediamo con più dettagli le correlazioni fra la nostra ipotesi e l'ipotesi dell'Orologio Molecolare:

Lingua isolataOrologio Molecolare
Le variazioni casuali di lieve entità non influiscono sulla comprensione dei parlanti e quindi sull'efficacia (fitness) della linguaLe variazioni sinonimiche dei Codoni non influiscono sulla fitness dell'individuo
La lingua evolve se nascono esigenze di utilizzare parole o concetti nuovi, dati da eventi differenti da quelli descritti dalla linguaIl codice genetico è spinto a cambiare se cambiano le condizioni in cui l'individuo vive

In ultima analisi, questa breve digressione aveva l'obbiettivo di illustrare quando non anche di rendere plausibile l'aspetto per il quale, anche la parte del patrimonio genetico non sottoposta a evoluzione, assommi comunque in sé variazioni a ritmo costante. E che la misura di queste modifiche possa essere un indice del passaggio del tempo: due soggetti per i quali determinati loci genetici non codificanti differiscano maggiormente saranno da ritenere probabilmente meno strettamente imparentati di due soggetti con minori differenze. Perché sarà probabile che il tempo passato dalla biforcazione dell'albero filogenetico sia maggiore nel primo caso e minore nell'altro.