Avevo litigato coi miei figli. La cosa si era trascinata per tutta la serata. A farmi imbestialire non c’erano solo i loro capricci, c’era soprattutto il fatto che non accettassero le punizioni che avevano meritato. Il concetto stesso di punizione era per loro indistinguibile dall’ingiustizia. Finché non ne potei più e dissi che io non ho affetto per tutto e per tutti, indiscriminatamente. Che ne ho una quantità limitata, che uso con cura. Perché tutto al mondo è limitato. E non c’è niente che non debba essere meritato o che non costi nulla. Questo li aveva fatti tacere. Soprattutto il più piccolo. Lo vidi che rimuginava fra sé e sé quelle parole. Non sapevo fino a che punto potesse capire.
Ma ora sto guardando il disegno che ha fatto a scuola. C’è tutta la famiglia. Sembriamo appena rientrati in casa dopo un temporale. Sotto i nostri piedi la pioggia ha creato dei piccoli laghi. Più grandi quelli dei bambini e della mamma, più piccolo il mio. Io chiedo a mio figlio:
“È perché non state mai fermi che i vostri laghi sono più grandi del mio? Saltate dentro e fuori dalle pozzanghere, vi agitate, vi bagnate. Così i vostri laghi sono più grandi!”
Lui non risponde. Guarda il disegno. Passa il dito sul contorno di quell’acqua, pensieroso.
E intanto il lago d'acqua sotto ai miei piedi è più piccolo degli altri. Sembra quasi che possa seccarsi da un momento all'altro.