Due funzionari asburgici

Due figure dell'apparato statale del Regno

In questo post prosegue e si conclude il mio minuscolo bigino sul Lombardo-Veneto. Il suo scopo dovrebbe essere quello di chiarire il contesto in cui si svolge una parte delle vicende raccontate nel romanzo Beati i Poveri di Spirito. In questo articolo parleremo in particolare del Commissario Distrettuale e dell'Auditore di Polizia. Come ho già detto non ho la pretesa di essere scientificamente corretto nelle mie descrizioni. Mi accontento essere attendibile nel descrivere l'organizzazione asburgica attorno a quegli anni, quindi attorno a metà del 1800.

I due ruoli di cui vorrei trattare sono quello del Commissario Distrettuale e quello dell'Auditore (o Uditore) di Polizia. Nonostante l'assonanza, almeno del primo, con figure gerarchiche presenti anche oggi nell'ordinamento statale italiano, si tratta di ruoli differenti. Nel frattempo una cosa è successa: molta più democrazia. Un controllo politico e un centralismo così spiccato sarebbero inaccettabili per lo spirito moderno. Ma all'epoca, fra il paternalismo e l'accentramento dei poteri, soprattutto in una periferia turbolenta dell'Impero qual era quella italiana, il passo era molto più breve.

Il commissario distrettuale

La figura del Commissario distrettuale nel regno Lombardo-Veneto ha qualche affinità ma anche alcune significative differenze con il Prefetto dell’ordinamento repubblicano Italiano. Le affinità vanno ricercate nella sua nomina “dall’alto”, sia esso nominato dal Re come nel caso del Commissario distrettuale o dal Ministero dell’Interno come il prefetto. Entrambi esercitano una funzione di controllo sull’organizzazione statale. Ma se il compito del Prefetto attuale è limitato all’esercitare una sorta di indirizzo istituzionale, quello del Commissario distrettuale era più spiccatamente volto a rappresentare il Governo centrale e verificare l’attuazione delle sue determinazioni.

La natura maggiormente politica del Commissario e il suo essere un rappresentate dell’Autorità centrale era particolarmente evidente nella sua opera di vigilanza sia sulla pubblica amministrazione, sia sull’indirizzamento politico degli apparati statali, soprattutto in un momento critico come quello risorgimentale. Dato non secondario, il Commissario distrettuale aveva il preciso mandato di verificare la correttezza della tenuta degli archivi anagrafici e catastali. Questo ambito di attività, che significativamente manca a un prefetto odierno, era strettamente collegato alla gestione delle tasse, la cui vigilanza competeva sempre al Commissario. Come a dire che l'indirizzo politico era sì interessante, ma era ancora più interessante, per Vienna, la riscossione delle imposte.

L’accentramento di tutte queste competenze in una sola persona lo rendevano, di fatto, una delle figure più importanti nell’organizzazione dello Stato. Nonostante il suo fosse un ruolo, almeno sulla carta, di consulenza e verifica sul corretto svolgimento delle pratiche amministrative, di fatto la sua consulenza poteva estendersi fino all’amministrazione della giustizia, solitamente non con azioni dirette in prima persona nelle investigazioni ma con pressioni per indirizzarle secondo la volontà del Regno.

L'auditore di polizia

Con l'auditore (o uditore) di Polizia si entra nel dominio dell'apparato militare. L'auditore era principalmente una sorta di giudice istruttore di casi giudiziari, soprattutto se questi costituivano un elemento di rischio per l'Impero, come potevano essere i fatti correlati ai moti dei "sediziosi". Aveva in qualche modo le funzioni di un Commissario di Polizia attuale ma con poteri speciali che gli derivavano dalla delicatezza degli affari trattati e dal rendere conto direttamente alla magistratura militare austriaca, organo quanto mai affezionato alla segretezza e alla celerità delle indagini, più che alla pedissequa osservanza delle leggi. D'altra parte per la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo occorrerà aspettare un altro secolo, fino al 1948.

Come esorta padre Martini nel suo "Il confortatorio di Mantova negli anni 1851, 52, 53 e 55", spronando i detenuti ad affrettarsi nell'organizzare le proprie difese:

"Andate e fate presto, che il militare fa presto le cose sue"

Padre Martini

Elemento caratteristico della giustizia austriaca dell'epoca era proprio concludere con estrema rapidità ogni processo. Così diventava poco più che una formalità un processo a persone accusate di sedizione poco dopo il 1848. L'esito, deciso direttamente dal Feldmaresciallo Radetzky, era scontato.

Famosi e importanti auditori di Polizia del Lombardo Veneto furono von Deeben e von Krauss. Più che famosi li si potrebbe definire tristemente noti, data l'azione di repressione violenta di cui furono artefici. Nell'Italia post risorgimentale chi ha indagato sulle Cinque Giornate di Milano o su quelli che poi diventeranno i Martiri di Belfiore difficilmente potrà essere definito zelante funzionario. Piuttosto si sarebbe tentati di chiamarlo "spietato persecutore" anche se, ovviamente, si tratta pur sempre di definire quale parte della storia e quale punto di vista si vuole sposare.

Il secondo Auditore compare col proprio nome anche nel mio romanzo. Le poche notizie storiche riportate su di lui sono fedeli alle fonti originali. Il suo carattere e la sua eventuale antipatia sono invece frutto della mia invenzione. Obbligata, visto il suo ruolo nel romanzo ma anche gratuita, se osservata dal punto di vista di una persona che sta svolgendo semplicemente il suo lavoro. Del resto, come si dice, non sono proprio le persone armate dalle migliori intenzioni quelle in grado, alla fine, di creare i disastri peggiori?

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Per avere ulteriori informazioni sul romanzo, rimando a:

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Beati i poveri di Spirito