Cose impigliate l'una nell'altra

Se guardando il cielo in una splendida notte d'estate, ve lo immaginate come uno spazio sterminato in cui la luce impiega miliardi d'anni per propagarsi da un capo all'altro della volta buia e percorrerne le interminabili distanze. E se, spostando la vostra mente verso la profondità degli atomi, degli elettroni, dei quark e di tutte le esotiche e invisibili particelle che popolano l'universo subatomico permettendo l'esistenza stessa di tutto ciò che conosciamo, l'immagine intuitiva che ve ne fate è quella di un immenso vuoto, in alto come in basso, appena velato di rarissimi elementi di esistenza, faticosamente attraversato da azioni che innescano ulteriori azioni, da cause che scatenano effetti -o, analogamente, da distanze eterne e sempre più dilatate, che pongono argini insormontabili alla possibilità che una causa si propaghi fino al suo effetto, ecco: forse in questo articolo ci potrebbe essere un'idea in grado di darvi fastidio. Tanto da forzarvi, addirittura, a cambiare l'immagine mentale che vi fate del mondo. Questa idea è l'entanglement quantistico.

Non mi diffonderò in dettagli fisico-matematici, che non padroneggio e in cui la mia ignoranza, unita all'oscurità in sé dei concetti, sarebbe utile solo come cura dell'insonnia. Ci sono molte fonti in rete (ad esempio: questa) per avere descrizioni precise e puntuali che possono valere come spunti per uno studio approfondito della materia. Mi limiterò invece a fornire una descrizione approssimativa e semplificata di che cosa sia questo fenomeno, descrizione che spero comunque adeguata a tracciare i contorni entro cui sviluppare il ragionamento. Perché l'entanglement quantistico, giusto per essere chiari, non è una curiosità da rivista di enigmistica: l'entanglement è piuttosto una spina nel fianco, una colossale scocciatura, il minuscolo pisello nascosto sotto montagne di materassi che pure impedirà per sempre di dormire sonni tranquilli.

Ma come può essere che un fenomeno così profondamente seppellito nell'infinitamente piccolo possa essere ugualmente così interessante, seppure in modo alquanto distruttivo, per la nostra stessa idea del mondo? Partiamo dalla definizione: «Entangled» è un termine inglese che ha il significato di: aggrovigliato, ingarbugliato, allacciato. Quindi Entanglement di particelle significa, pressapoco, groviglio di cose strettamente legate le une alle altre. E in effetti, sotto certe condizioni, certe particelle si comportano come se esistesse una qualche forma di legame a distanza o di relazione fra di loro tale per cui "una azione" sulla prima particella produce istantanei effetti anche sulla seconda.

Se la definizione vi pare vaga e stramba, allora cominciamo davvero a capirci. Di fatto il problema dell'entanglement è che non si sa né che cosa agisce, né come agisce. Si sa che qualcosa, tuttavia, agisce e che questo può essere verificato sperimentalmente.

 

Entanglement quantistico di particelle

Partiamo dalle basi, che in questo caso sono particelle fisiche elementari come fotoni o elettroni. Ognuna di queste particelle è dotata di una sorta di momento angolare o, per meglio dire, di una sua estensione, dato che è applicabile anche a particelle prive di massa come i fotoni. Questa quantità, chiamata spin, è misurabile e di fatto spesso misurata negli esperimenti.

Che cosa afferma l'entanglement, a questo proposito? Afferma una cosa sorprendente come questa:

Se due particelle sono in una relazione di entanglement, allora se una particella ha spin semintero (cioè uguale convenzionalmente a ) allora l'altra particella avrà spin opposto (cioè ). E questo vale istantaneamente, in modo indipendente dalla distanza fra le due particelle.

E' proprio il caso di dire: in cauda venenum. Perché è l'ultima frase quella che spiazza. Se una di queste particelle si trova nella nostra galassia e l'altra in una galassia distante miliardi di anni luce, la variazione di spin di questa particella dovrebbe causare istantaneamente una analoga variazione alla sua particella legata. Il condizionale è dovuto semplicemente al fatto che questa è un'ipotesi teorica che, al momento attuale, non è nemmeno possibile immaginare come poter verificare, su una scala dimensionale di questo tipo. Tuttavia, se invece di considerare miliardi di anni luce parlassimo di centimetri, non cambierebbe molto: l'indipendenza dalla distanza comunque permeerebbe il concetto di fondo.

 

Da dove nasce l'idea dell'entanglement?

Nella mia personale esperienza di questa concezione, ho trovato molto istruttivo il ripercorrere il flusso logico di pensiero che ha portato alla formulazione dell'ipotesi dell'entanglement. In effetti, senza questo percorso la sua idea sembra piuttosto gratuita e il non rifiutarla al suo primo apparire, potrebbe apparire come un evitabililissimo masochismo. Le cose, però, sono un po' più complicate di così...

Il percorso che ha portato alla formulazione dell'entanglement è il percorso standard che porta alla formulazione di una qualsiasi teoria fisica. I passaggi sono i seguenti:

  1. Osservazioni. Vengono fatte molte osservazioni sperimentali riguardo l'universo. Questo processo è in corso ormai da milioni d'anni, direi da prima che diventassimo scimmie, non dico nemmeno: uomini. Abbiamo cominciato a sperimentare l'universo a partire da quando abbiamo avuto il primo organo di senso; e abbiamo cominciato a investigarlo a partire da quando abbiamo cominciato a organizzare la latenza della percezione in strutture poi diventate un cervello.
  2. Descrizione fisica. Dotati di cervello e di razionalità (purtroppo il primo non implica necessariamente la seconda), abbiamo elaborato vari metodi di indagine. Il più produttivo è quello sperimentale, ricorsivamente descritto in questa lista. In particolare, data una collezione concorde di fenomeni, di per sé slegati, sono nate qua e là teorie scientifiche in cui la differenza fra i problemi rimasti aperti dopo la loro formulazione e quelli aperti prima della formulazione fosse negativa (anche questa può essere retrospettivamente la definizione di teoria scientifica). Detto di sfuggita: le affermazioni religiose non godono di questa natura perché per spiegare un tramonto (complessità limitata) fanno ricorso a entità astrali (complessità enorme, anzi, illimitata per definizione); si vede bene che la differenza fra problemi rimasti aperti rispetto a quelli chiusi è ampiamente positiva... Esempi di teorie scientifiche sono invece: la gravitazione universale (che spiega caduta mele, orbite di pianeti, fasi lunari, maree, eccetera), le leggi della dinamica (che spiegano, grazie al concetto di massa, perché un pugno in un occhio fa più male di un moscerino) e così via.
  3. Descrizione matematica. La descrizione fin qui è stata prevalentemente qualitativa. Interessante ma non poi così utile, nemmeno a livello statistico. Appena questa descrizione fisica fosse possibile realizzarla in termini matematici, ecco che il braccio armato della scienza predittiva, cioè la Matematica, inizierebbe a farsi sentire. Perché la Matematica, sotto forma di modellizzazione della realtà in un astratto formalismo, abilita la facoltà estremamente gratificante, anche in termini sociali, di poter prevedere il futuro. E calcolare che cosa succederà al sasso lanciato verso lo stagno o ai pianeti del nostro sistema solare per i prossimi 300 milioni di anni o quanto carburante imbarcare per far sfuggire un razzo alla gravità terrestre e così via. Per quanto riguarda la quantistica, la classificazione matematica che ne viene fatta consiste nel "prodotto tensoriale di due spazi di Hilbert". Qualsiasi cosa questo significhi.
  4. Conseguenze matematiche. Uno dei procedimenti mentali tanto cari ai matematici è che, quando a una buona domanda viene data una risposta, questa è tanto migliore quanto maggiori sono le altre domande per le quali la stessa risposta può essere usata. Anzi questo viene assunto proprio come indicatore della bontà della domanda, più che della sola risposta. Nei casi citati in precedenza, ad esempio, è il concetto di universale che ha la prevalenza sul concetto di gravitazione. Non è stato descritto accuratamente come dovesse cadere una mela, ma come ogni cosa cade verso un centro di massa (e come la Terra stessa cadesse verso la mela...).
  5. Astrazione. Tuttavia le formulazioni matematiche hanno in sé qualcosa che le slega  imprescindibilmente dal mondo sensibile. Perché le formule, una volta scritte, finiscono immediatamente per vivere di vita propria e per estendere il proprio significato oltre quanto chi le scriva possa persino immaginare. Si tratta di due aspetti, strettamente correlati, di ogni formulazione matematica: l'indipendenza dal caso concreto che anticamente le aveva originate e che ora si limita a rispettarle (non più a esaurirle...); e la possibilità di trarre infinite conseguenze "formali", in modo astratto e separato da singoli e concreti fenomeni fisici. In particolare, a titolo di esempio: se è vero che i numeri complessi sono nati per "risolvere" radici di numeri negativi, di fatto ci si è trovati, una volta inventati i numeri complessi, a capire che stavamo parlando di numeri che descrivevano le rototraslazioni del piano.
  6. Interpretazione delle conseguenze matematiche nel mondo fisico. D'altro lato, tutto quanto per via algebrica può essere definito rispetto, ad esempio, a un numero complesso, sappiamo anche che, per via geometrica, sarà applicabile al suo ente rappresentativo. Ad esempio, la nota ed esotica relazione tradotta in rototraslazioni perde il suo alone magico e diventa persino banale: se allora il quadrato di è dato da:  che non dice altro se non , cioè: un quarto di giro seguito da un altro quarto di giro, fanno mezzo giro (decisamente: meno esotico). Tornando finalmente alla meccanica quantistica, dall'astratto formalismo matematico ipotizzato per poter rappresentare questa porzione di universo ne conseguono implicazioni come quella dell'entanglement. Che quindi si caratterizza, a livello di motivazione della sua esistenza, come una conseguenza della classificazione prima fisica e poi matematica delle formule tentativamente descrittive del fenomeno.
  7. Esperimento mentale. Il penultimo passo, prima di tornare alla mera realtà sperimentale, è quello di immaginare una condizione in cui, di tutte le conseguenze che è possibile dedurre da una teoria scientifica e dal suo formalismo matematico, ce ne sono alcune che mettono particolarmente in evidenza il fenomeno in sé. Si tratta di conseguenze così chiare e stilizzate da permettere, idealmente, una sola interpretazione, vale a dire la conferma delle ipotesi. Cioè il surrogato scientificamente più spendibile della prova ultima che, purtroppo, per la Scienza, sarà sempre spostata un poco più in là...
  8. Esperimento fisico. Al termine del percorso, torna ad esserci il fenomeno. L'experimentum crucis di baconiama memoria, quello che fa pendere l'ago della bilancia fra il potere o il non potere dare affidamento all'interpretazione della realtà in modo coerente con la teoria. Ma come predisporre un esperimento su un fenomeno tanto strano come l'entanglement in un contesto di riferimento tanto bislacco come la meccanica quantistica?

 

Chiarito che l'entanglement non è un innocuo rompicapo mentale ma uno scoglio difficilmente evitabile in ogni ragionamento sulla costituzione dell'universo, nel prossimo articolo tratterò di una alquanto imprevedibile conseguenza del ragionamento. In effetti, anche di fronte a una tesi apparentemente vaga e inafferrabile come: "Potrebbe esistere anche qualcosa che noi non conosciamo che ci spieghi il tutto in termini per noi consueti", anche di fronte a questo esiste una risposta (fisico-matematica!) che riporta la palla nel nostro campo e che ci permette di segnare il punto. E di concepire e realizzare un tale esperimento. Si tratta, come vedremo, della disuguaglianza di Bell.